Trascrizione

Generation Equality capsule collection Transcription

I: Gucci Podcast Host
SB: Sinéad Burke
AL: Andraéa LaVant
MGR: Maryangel García-Ramos

Apertura musicale

I: [00:09] Bentornati al Gucci Podcast. In occasione della Giornata internazionale della donna, Gucci è orgogliosa di presentare una speciale capsule collection all’insegna di CHIME FOR CHANGE, la pluriennale campagna globale di Gucci volta a riunire e amplificare le voci a favore della parità di genere.

I: [00:27] Per amplificare il significativo dibattito incentrato sui movimenti giovanili, in questo episodio Sinéad Burke, membro dell’Advisory Board di CHIME FOR CHANGE, fondatrice di Tilting the Lens e membro del Global Equity Board di Gucci, ospita Maryangel García-Ramos e Andraéa LaVant, attiviste per i diritti delle persone disabili.

SB: [00:52] Oggi è la Giornata internazionale della donna e in questa occasione le domande su chi detiene il potere e i dibattiti sulla parità di genere a livello dirigenziale o nelle organizzazioni sono protagonisti, così come una visione globale su equità, parità, diritti e giustizia per le donne.

SB: [01:21] Mi chiamo Sinéad Burke e ho l’onore di far parte del Global Equity Board di Gucci. Il mio compito presso Gucci è contribuire a guidare l’ambizione strategica globale di creare opportunità per le persone disabili che lavorano per Gucci.

SB: [01:38] Sono orgogliosa di agevolare tale considerazione delle persone disabili in un’azienda come Gucci ed è proprio questo tema il centro del dibattito di oggi al Gucci Podcast. Quando pensiamo alla Giornata internazionale della donna, abbiamo in mente un’idea molto specifica riguardo al tipo di donne di cui riteniamo si debba e si possa parlare.

SB: [02:02] Spesso, non si tratta di donne disabili. Di solito questo tema non viene indagato attraverso la lente dell’intersezionalità, anche quando si tratta di disabilità. Ma oggi, al Gucci Podcast, lo faremo sin da subito.

SB: [02:17] Andraéa LaVant e Maryangel García-Ramos, sono felice che vi unirete a me per parlare delle vostre esperienze e competenze, ma anche dei vostri punti di vista e idee per un mondo più equo. E quale momento migliore se non in occasione della Giornata internazionale della donna?

SB: [02:35] Ma, ancora più importante, qui al Gucci Podcast. Per troppo tempo il punto di vista delle donne disabili è rimasto invisibile. Per motivi di accessibilità, vorrei iniziare il nostro dibattito con una descrizione visiva di noi stesse. E, poiché sto parlando io al momento, inizierò per prima.

SB: [02:54] Sono una donna bianca cisgender, che usa i pronomi femminili. Sono visibilmente e fisicamente disabile. Sono affetta da nanismo. Ho i capelli castani e di solito li porto tagliati all’altezza delle spalle, ma al momento sono un po’ più lunghi.

SB: [03:10] Oggi indosso un maglione nero con una scritta in grassetto che recita: “Stand in awe of the [menhor] (Fatti avanti e rispetta le [menhor])”. [Menhor] è la parola irlandese per donna. Pensavo che fosse un capo adatto alla giornata e a questo dibattito, anche se noi donne non veniamo sempre rispettate. E non ci facciamo sempre avanti.

SB: [03:30] Sono seduta nel mio ufficio casalingo con una carta da parati verde a fiori come sfondo. Andrea, il tuo nome è il primo in ordine alfabetico, quindi passo la palla a te per la tua descrizione visiva, va bene?

AL: [03:44] Grazie mille, Sinéad. Sono Andraéa LaVant. Uso i pronomi femminili. Mi identifico come una donna nera fisicamente disabile. Utilizzo la sedia a rotelle. Oggi ho acconciato i capelli in lunghe trecce, porto degli occhiali allungati verde oliva, del tipo squadrato, e una camicia color caramello. Mi trovo in camera da letto, quindi dietro di me sono presenti diversi scaffali e arredi. Sono entusiasta di essere qui, grazie.

SB: [04:24] Grazie, è stato fantastico. Maryangel, sei la prossima. La tua descrizione visiva?

MGR: [04:29] Sono davvero entusiasta di essere qui. Sono una donna cisgender messicana. Uso i pronomi femminili. Ho lunghi capelli neri e mossi e indosso una camicia bianca con un gilè bianco e nero e tre bottoni dorati. In questo momento mi trovo in una stanza bianca nell’università in cui lavoro. Ho una disabilità fisica e sono seduta su una sedia che mi consente un po’ di movimento. Ecco qui.

SB: [05:09] Grazie per le vostre descrizioni visive. Spero che il pubblico che sta ascoltando questo podcast o ne sta leggendo la trascrizione si stia chiedendo come sarebbe la propria descrizione visiva se potessimo chiederlo a loro.

SB: [05:22] Quando abbiamo iniziato a definire questo dibattito, pensando in particolare alle iniziative di Gucci rispetto a CHIME FOR CHANGE, all’uguaglianza generazionale e al rapporto tra donne e parità, politica e cultura, abbiamo compreso la necessità di parlare della giustizia sociale.

SB: [05:41] Quando pensiamo alla giustizia sociale, ognuno di noi ha un’idea diversa del suo significato. Andrea, una volta hai detto una frase che mi ha offerto una prospettiva completamente nuova sul significato di giustizia sociale, in particolare dal punto di vista della disabilità.

SB: [06:00] Scusami se ti citerò e ti metterò in imbarazzo, ma hai detto: “Desideriamo promuovere un’idea della disabilità in quanto questione di giustizia sociale e costruire relazioni che attraversino i confini della diversità”.

SB: [06:15] Se penso a questa frase, mi rendo conto che richiede la creazione di ambienti che consentano a tutti di condividere le proprie esperienze di esclusione, che non riguardano solo le persone disabili poiché tutti ci siamo sentiti esclusi in un certo momento della nostra vita. Ma tutto questo ci consente anche di rafforzare le comunità, i luoghi di lavoro e i sistemi che guidano il cambiamento trasformativo.

SB: [06:36] Mi piacerebbe sapere, qual è la vostra idea sulla disabilità in quanto questione di giustizia sociale? Credo che, prima di proseguire, sia necessario stabilire un’idea condivisa del tema di cui vogliamo parlare oggi. Andrea, siccome sto citando te, vorrei chiederti di iniziare.

AL: [06:55] Questa è un’ottima domanda, grazie per avercela posta e grazie per questa splendida introduzione, Sinéad. Quella citazione, quella frase in particolare, “costruire attraverso i confini della diversità”, è una frase che ho imparato dalla mia cara amica, ormai scomparsa, l’attivista a favore della giustizia per le persone disabili Stacy Park Milbern. È stata per me un esempio di come portare la disabilità in dibattiti più ampi sull’ingiustizia e, in ultima analisi, come far avvenire il cambiamento.

AL: [07:30] Come hai detto tu, il primo passo per innescare il cambiamento è riconoscere i problemi, sfidare le verità, in particolare in ambiti e aree in cui, in quanto persone disabili, veniamo tradizionalmente escluse. Credo che in molti, quando pensano ai confini della diversità o alla giustizia sociale, pensino a comunità molto diverse dalle nostre, dove siamo stati discriminati.

AL: [08:02] Ma, lavorando per anni in questo campo, sono arrivata a capire che tutto questo significa anche costruire laddove i confini sono meno evidenti, forse un po’ più labili, o più difficili da comprendere. Ad esempio, oggi molti dibattiti sulla giustizia sociale e su forme di oppressione come razzismo, sessismo e omofobia spesso non includono la disabilità. È proprio qui che si verificano i maggiori passi falsi.

AL: [08:35] La disabilità è prevalente in ogni comunità, pertanto anche quei dibattiti sono abilisti. L’abilismo, ovvero la discriminazione e l’oppressione contro le persone disabili, esiste qui, in altre comunità, e si affianca ad altre questioni.

AL: [08:56] Quando parliamo di sanità, economia, dell’impatto della pandemia e così via, stiamo palando anche di disabilità, perché di questo si tratta, anche se ci giriamo intorno utilizzando il termine “condizioni preesistenti”; stiamo parlando di disabilità, no? Sono molteplici le occasioni dove non viene chiamata per quello che è, anche se dovrebbe esserlo.

AL: [09:27] Ed è proprio questo che intendiamo fare: dire questa parola e riconoscere davvero l’intersezionalità. È proprio da qui che dobbiamo costruire.

SB: [09:38] Andrea, parlando del lessico delle condizioni preesistenti, credo che durante la pandemia abbiamo acquisito fin troppa familiarità nel descrivere le persone come vulnerabili, a tal punto da creare un allontanamento dalla descrizione effettiva delle persone. Mi trovo in Irlanda, ma il Regno Unito non è troppo distante da me, e guardando i dati relativi alla pandemia, sei morti di COVID su dieci nel Regno Unito erano persone disabili.

SB: [10:06] Ma anche ora che entriamo in quella che speriamo sia l’ultima fase della pandemia, almeno nei paesi sviluppati, ancora una volta cancelliamo l’esistenza, ma anche l’inclusione, delle persone disabili, se pensiamo a come si presenterà questa prossima fase in termini di inclusione.

SB: [10:23] Maryangel, Andrea ha fornito una descrizione molto interessante sulla disabilità in quanto questione di giustizia sociale, traendo ispirazione dalla sua esperienza personale, la sua ubicazione e anche le sue competenze. Mi domando, dalla tua prospettiva e grazie al tuo lavoro in Messico, hai una definizione diversa di disabilità in quanto questione di giustizia sociale, o come la percepisci?

MGR: [10:43] Credo che quanto ha detto Andrea sia particolarmente attuale. Quando parliamo di giustizia per le persone disabili, parliamo della giustizia all’interno di un sistema e il sistema in cui viviamo, o meglio tutto ciò che ci circonda, è stato concepito per persone che presumiamo abbiano tutte le abilità. Tutto ciò che è stato concepito, dal modo in cui sono progettati i supermercati alle politiche pubbliche, tutto è destinato all’uso per la maggioranza delle persone.

MGR: [11:16] Come ricercare la giustizia quando tutto ciò che esiste non è stato creato per noi? Un mio amico di recente mi ha detto che le persone con disabilità in tutto il mondo sono stati i primi hacker, come se da sempre hackerassimo il sistema. Ha anche aggiunto che questa è un’incredibile capacità da sviluppare ed è una sorta di vantaggio competitivo.

MGR: [11:43] Esistono aziende che ricercano proprio queste capacità che sviluppiamo e credo sia fantastico considerarci i primi hacker, ma perché dobbiamo esserlo? Perché dobbiamo sempre hackerare il sistema? Sì, è fantastico il fatto che impariamo a sopravvivere, perché sopravvivere e cercare di adattarsi a una società che non è fatta per noi è ciò che facciamo ogni giorno, ma tutto questo ci ricorda costantemente che nulla è destinato a noi, no?

MGR: [12:08] Nel sistema abilista in cui viviamo, non veniamo considerati. Così come esiste una prospettiva di genere, vi è anche una prospettiva di disabilità in ogni singola situazione, in tutto ciò che facciamo, in tutto ciò che progettiamo. Siamo milioni di persone e credo che sia molto importante soffermarci su tutto questo, perché se non ne parliamo… quando parliamo del sistema, non si tratto di “noi contro loro”, noi siamo parte del sistema. Quindi dobbiamo affrontare questo problema per trasformarlo, cambiarlo, romperlo, distruggerlo, ecc.

SB: [12:40] Costruirne uno nuovo. Maryangel, ciò che dici è davvero interessante, nel senso che, quando pensiamo di porre la disabilità come una questione di giustizia sociale, arriviamo a chiederci, è davvero possibile? Perché la giustizia sembra così lontana dalla nostra realtà potenziale visto che il sistema è progettato contro di noi.

SB: [12:59] Mi piace questa idea che ci vede come innovatori per natura, perché viviamo in un mondo che non è stato progettato per noi. Sebbene tutto ciò sia da celebrare, e forse soddisfi il modello di business della disabilità, in realtà è la prova di un trauma che riviviamo ogni giorno. Se da un lato è un costo, un onere, e dall’altro ci rende più innovativi, o creativi, la domanda che dobbiamo porci è: non dovremmo solo essere noi stessi?
SB: [13:30] Dalle prospettive che oggi avete condiviso, ciò che ritengo sia interessante sono le differenze che esistono attraverso quei confini di diversità, siano essi geografici o identitari. Andrea, io e te abbiamo avuto il grande piacere di lavorare insieme a Crip Camp: tu sei stata l’Impact Producer del documentario candidato agli Oscar. Sei anche stata la prima donna nera visibilmente disabile a sfilare sul tappeto rosso degli Oscar.

SB: [14:00] Vorrei parlare di Crip Camp, e in particolare della Impact Campaign, da un punto di vista globale, così come le tante storie intersezionali che sei riuscita a scoprire e di cui hai parlato. Quali sono stati i risultati principali del tuo lavoro, parte di quella campagna, in termini di costruzione di un nuovo sistema o di costruzione all’interno di un sistema abilista attraverso una lente di giustizia sociale per la disabilità?

AL: [14:27] In realtà trovo interessante, in termini di risultati principali basati su quelle esperienze, un aspetto che il film Crip Camp incarna e dimostra. Nasce dalla nostra prospettiva ed esperienza, e ciò che ci è stato donato dalle persone disabili… ciò che abbiamo sentito dalle persone disabili in tutto il mondo… è stato proprio questo il valore e la necessità per le persone disabili di costruire e formare una comunità.

AL: [14:55] Spesso, per svariati motivi, nelle nostre esperienze siamo isolati gli uni dagli altri, ma la storia dimostra che il cambiamento duraturo avviene quando ci riuniamo, ed è questo ciò che mostra Crip Camp. Mostra la forza della comunità: quando queste persone si sono incontrate al campo, e poi anni dopo, ciò che scopriamo è che traggono beneficio ancora oggi dalla comunità. Era questo l’obiettivo della Impact Campaign.

AL: [15:27] Molte persone hanno essenzialmente visto qual è stato il vantaggio di riunirsi. Così, anche se c’era tanto altro, in realtà è stata la possibilità di riunirsi, per poi riconoscere davvero il nostro potere, e infine, portare il cambiamento.

AL: [15:49] E un altro punto importante è una frase cliché ma vera: la rappresentazione è importante. Quanto più noi, in qualità di persone disabili, ci vediamo rappresentate in tutti i settori dominanti, dall’intrattenimento alla moda, alla politica, alla tecnologia, tanto più comprendiamo ed esercitiamo questo potere.

AL: [16:13] In tutto questo, sono molti i punti importanti, ma cerco sempre di riportare tutto a noi in quanto comunità, a ciò di cui abbiamo bisogno e al valore per noi stessi. Si tratta davvero di poter contare gli uni sugli altri, avere spazi come questo dove portiamo avanti i dibattiti e poi riunirsi per mettersi a lavoro.

SB: [16:40] Anche questa idea per le persone disabili, le donne disabili in particolare, di fare squadra è quasi un atto radicale, perché non ci è stata data la possibilità di sperimentarla prima d’ora. Per molti versi, la pandemia è stata estremamente dannosa per la nostra comunità. Ma, allo stesso tempo, ha creato opportunità digitali per entrare in contatto, riunirci, progettare, pianificare, nelle parole di John Lewis causare “problemi buoni”, ed è interessante vedere ciò che può rappresentare sia una sfida, sia un’opportunità.

SB: [17:13] Andrea, in quella sede parlavi di percorsi e vie di cambiamento, e sia io che te ci siamo occupate della consulenza, ovvero le imprese ai fini di lucro. Maryangel, so che il cambiamento avviene in modi diversi. Tu hai fondato l’organizzazione senza fini di lucro Mexican Women with Disabilities e hai svolto un lavoro fenomenale sulla pari protezione per le donne disabili in Messico.

SB: [17:37] Sono curiosa di sapere come ti aspettavi che sarebbe stato il successo prima di creare quell’organizzazione e cosa ti ha spinto a generare il cambiamento in questo modo?

MGR: [17:49] Come voi, sono anche io una consulente. Il mio vero lavoro è la consulenza e, allo stesso tempo, dirigo l’ufficio Diversity and Inclusion per una delle più grandi università private del Messico e dell’America Latina.

MGR: [18:03] Essendo una donna con una disabilità, ho sempre detto che in Messico non sono una donna con disabilità media, perché ho avuto l’opportunità di studiare, conseguire una laurea magistrale, comprare un’auto, avere acqua corrente, gas e luce. Non sono una persona con disabilità media in Messico.

MGR: [18:22] Per me è stato molto importante comprendere la mia esperienza con altre donne. Quando abbiamo creato Mexicanas con Discapacidad, il mio punto di svolta è stato il bisogno di creare una comunità. Sentivo che quando parlavamo di disabilità, non ci soffermavamo mai sulla prospettiva di genere della questione.

MGR: [18:45] Non esiste un’unica storia sulla disabilità né un’unica storia sulle donne, giusto? Quindi non stavamo parlando di donne con disabilità, stavamo solo parlando di persone disabili in generale, da un unico punto di vista.

MGR: [18:55] E quando parlavamo di movimenti femministi e parità di genere, non parlavamo di donne con disabilità. Secondo [Stefania Taleva], la fondatrice di Women Enabled, siamo come sorelle dimenticate. Eravamo invisibili e nulla ci era accessibile. Ci è stato chiesto di mettere i nostri corpi nelle lotte e nelle marce per essere visibili, ma a volte era impossibile.

MGR: [19:19] Ecco cos’è stato per me. Mi sono chiesta come creare una comunità di donne con disabilità dove possiamo essere solo una comunità e parlare di questo argomento? Dove parlare del ciclo mestruale, di cosa accade durante le mestruazioni, di donne e persone con disabilità che hanno il ciclo e a chi possiamo rivolgerci? In che modo possiamo parlare delle guerre interne ai nostri corpi e dei pensieri abilisti onnipresenti nel nostro lavoro, nei nostri monologhi interiori e, allo stesso tempo, in che modo possiamo parlare di politica pubblica, come ci spingiamo fino a questo punto?

MGR: [19:55] Per me è stato un modo per smuovere tutto questo. Oltre al lavoro di consulenza con aziende e organizzazioni, si tratta di come rendere le comunità più visibili. E la pandemia, come hai detto, è stata difficile per noi, perché in Messico non tutti hanno accesso a Internet e a queste piattaforme, ma abbiamo creato una piattaforma più grande. Abbiamo creato gruppi e stati in cui le donne parlavano con altre donne che non conoscevano e parlavano delle stesse problematiche.

MGR: [20:24] Abbiamo riflettuto e avviato workshop sull’amor proprio, sull’identificazione della violenza di genere nella propria casa, perché sappiamo che la maggior parte delle donne con disabilità sono quelle che probabilmente subiscono dieci volte più violenza sessuale nel loro contesto. Era necessario che fossero in grado di identificare il problema. Così abbiamo iniziato a creare tutti questi contenuti e abbiamo sperimentato la nostra forza.

MGR: [20:51] Credo che in qualità di ONG non forniamo un servizio in particolare. Ciò che facciamo è creare queste reti e fare pressione politica su più fronti. Ecco cosa facciamo.

MGR: [21:02] Per me è stata un’esperienza indimenticabile, perché comprendere i punti di vista unici della disabilità nella prospettiva di genere ti cambia la vita. In questo modo, abbiamo potuto comprendere veramente che si tratta di una comunità più grande, non solo quella della disabilità, ma anche tutti coloro che ci circondano, inclusi i movimenti femministi.

MGR: [21:27] Che cosa significa parlare di cultura inclusiva della disabilità, che cos’è quella cultura che circonda noi con una disabilità? Tutto ciò ci rende visibili, ci fa guadagnare potere che ci consente di raccontare ancora le nostre storie. In pratica, è ciò che Crip Camp ha fatto per tutti noi, giusto? Mi sono chiesta come portare avanti tutto questo a livello locale. Questi dibattiti dapprima inesistenti, ora ci è permesso portarli avanti perché ci sentiamo parte di questa comunità… è una rivoluzione.

SB: [22:03] E come possiamo incentivarli? Maryangel prima parlavi di come guardare alla disabilità da più punti di vista, perché le persone hanno prospettive diverse e non tutte le persone disabili, o le donne disabili, sono d’accordo. Ma ciò che è importante è la comunità e la rappresentazione.

SB: [22:17] Non dimenticherò mai quando ho partecipato al mio primo convegno Little People of Ireland e ho incontrato altre giovani donne e ragazze che mi assomigliavano, e ho parlato con loro delle difficoltà nell’ottenere l’accesso alla pillola contraccettiva. In quanto donne con il nanismo, l’IMC era usato come parametro per ottenere l’accesso alla pillola contraccettiva.

SB: [22:37] Molte di noi risultavano clinicamente obese e questo è un parametro grassofobico, ma i nostri medici non erano disabili e si erano informati solo tramite il sistema medico abilista. Se non avessimo avuto il femminismo, la comunità e la rappresentazione, non sono sicura di come ci troveremmo oggi perché non esiste un luogo, a volte neanche su Internet, per questi dibattiti.

SB: [23:03] Parlavi di cambiare i sistemi e credo che ognuno di noi nel nostro lavoro di consulenza, ma anche nel nostro lavoro comunitario, abbia a cuore la creazione di nuovi sistemi. Ma la verità è anche che non possiamo esistere senza i sistemi che sono già in atto… ma almeno dobbiamo cambiarli.

SB: [23:20] Maryangel, parlavi del tuo lavoro legislativo. Quali sono le competenze effettive di cui le persone hanno bisogno per sostenere i legislatori o per convincerli ad agire?

MGR: [23:33] Credo che questa sia una domanda molto interessante perché impariamo man mano. Ecco cosa ho capito rispetto a tutto questo. Innanzitutto, capire qual è il punto di partenza, qual è la situazione reale e conoscere realmente i dati esistenti o quelli che ci mancano. Perché in Messico non abbiamo dati.

MGR: [23:51] Hai detto qualcosa sul Regno Unito dove la maggior parte delle persone che sono morte a causa del COVID erano disabili. Qui non abbiamo questo dato, non sappiamo nulla. E, senza numeri, siamo invisibili, no?

MGR: [24:03] Personalmente, torno sul potere della comunità. Dobbiamo fare pressione e non sono l’unica che la sta facendo. Quindi, ciò che abbiamo dovuto fare è stato individuare i problemi e capire chi fossero i nostri alleati, che ci sono sempre, e individuare coloro sui quali fare pressione. E non solo con la comunità disabile, ma con altre comunità storicamente discriminate che, come noi, stanno facendo pressione per i loro problemi e allo stesso tempo sono intersezionali.

MGR: [24:31] Per me, si tratta della visione comunitaria. È ciò che ha funzionato qui e ciò che esercita un po’ di pressione sulla comunità.

MGR: [24:41] In secondo luogo, penso che sia [fantastica] la sostenibilità perché quando agiamo così, quando siamo attivisti e quando facciamo pressione, ci stanchiamo di combattere quel sistema di potere che definirà quale legge passa, cosa cambia, cosa no.

MGR: [24:56] Ma, affinché sia sostenibile, ritengo che sia molto, molto importante continuare a fare pressione per le leadership disabili… estremamente importante! Ovviamente in posizioni decisionali, ma possiamo cominciare in piccolo e ovunque, giusto? E dobbiamo essere ovunque, perché la disabilità è ovunque, non esiste un’unica questione di disabilità. Come ha detto Andrea, siamo ovunque. Ecco.

SB: [25:24] Per quanto riguarda la Giornata internazionale della donna, credo che sia davvero importante riconoscere alcuni di quei pregiudizi e quelle supposizioni a cui spesso permettiamo di esistere nella nostra mente e nei nostri corpi. In quanto donne disabili, ci viene costantemente detto che ci sono meno opportunità per noi. In quanto donne disabili, ci viene spesso detto che dobbiamo esporre le nostre capacità perché la visione del mondo è che non ne abbiamo abbastanza.

SB: [25:48] Ma non possiamo creare o vivere ogni opportunità, ci esauriremmo. Per creare un cambiamento sistemico e sostenibile a lungo termine, non si deve ridurre tutto alla singola persona, ma dobbiamo creare spazio per gli altri. E qui parliamo di comunità e visibilità che, senza volere, stanno diventando i due temi centrali di questo dibattito.

SB: [26:11] Quando penso alla visibilità, penso spesso a una citazione dell’attrice afro-britannica Michaela Coel. Quando l’anno scorso ha vinto l’Emmy, ha dato al pubblico un grande consiglio. Ha detto: “Scrivi una storia che ti spaventa, che ti fa sentire incerto, che ti mette a disagio. Ti sfido. In un mondo che ci induce a osservare le vite degli altri per confrontarle con la nostra e, di conseguenza, ci fa sentire il bisogno di essere costantemente visibili. Di questi tempi, la visibilità sembra in qualche modo equiparare il successo. Non avere paura di sottrarti alla visibilità, a noi, per un po’ e scoprire cosa accade nel silenzio”.

SB: [26:57] Mi piace molto questa idea. Mi piace l’idea di andare in un cottage remoto in Irlanda dove le intemperie fanno tremare il tetto e la casa, dove non c’è Internet. Ma sono consapevole che noi tre che partecipiamo a questo dibattito siamo donne visibilmente e fisicamente disabili. E la visibilità è uno strumento. La rappresentazione è estremamente importante per garantire che non vi sia un’unica storia sulla disabilità.

SB: [27:29] Ma la visibilità è anche impegnativa. Quindi, la mia domanda è: come possiamo, in quanto donne disabili e, senza alimentare troppo il nostro ego, in quanto attiviste disabili che creano il cambiamento, come possiamo garantire che la visibilità non sia l’unico parametro di successo sul quale essere misurate? E come possiamo garantire che la visibilità che vogliamo dare al nostro lavoro non si trasformi in un peso da portare sulle nostre spalle?

SB: [27:59] Non ho una risposta a questa domanda, spero davvero che voi due l’abbiate così potrò risolvere tutti i miei problemi e non andare in terapia questa settimana. Andrea, continua tu.

AL: [28:08] Adoro. Vorrei solo dire che il tempismo è perfetto. Letteralmente la settimana scorsa mi trovavo in albergo, non era un cottage ma una bella camera d’albergo sulla spiaggia, e ho spento il telefono per alcuni giorni per poter pensare [per un secondo] e lavorare senza distrazioni ad alcune cose che portavo nel cuore da tempo. Ecco il mio primo consiglio per te, Sinéad: creati dello spazio. Dobbiamo dare la priorità a noi stesse.

AL: [28:44] Una cosa che ho imparato ad accettare è che la visibilità di per sé non è assolutamente ciò che cerco, non è ciò per cui porto avanti il mio lavoro. L’obiettivo della visibilità è, o dovrebbe essere, avviare un dibattito.

AL: [29:01] Quando penso al tappeto rosso degli Oscar, il mio obiettivo non era essere acclamata in quanto donna nera su una sedia a rotelle agli Oscar. Ciò che speravo era che le persone notassero che era la prima volta in cui vedevano una donna nera visibilmente disabile sul tappeto rosso… e si chiedessero perché. Cosa ci siamo persi in passato? Quali problemi dobbiamo affrontare e risolvere nel nostro lavoro andando avanti? Come possiamo garantire che, in questo settore, lei non sia l’ultima?

AL: [29:34] Alla fine, si tratta di assicurarci che la visibilità non sia l’unico parametro: dobbiamo enfatizzare la necessità di porsi domande più profonde e quindi assicurarci che le persone disabili siedano ai tavoli decisionali per aiutare a rispondere a tali domande e implementare il cambiamento.

AL: [29:54] Ma tornando al punto di Maryangel, si tratta di allargare quel tavolo, portare con noi le persone, amplificare la loro voce e fare spazio per altre persone disabili affinché abbiano la possibilità di creare un impatto duraturo.

AL: [30:11] Personalmente, è per questo motivo che per me era davvero importante costruire un’azienda… ne esistono già molte e sappiamo che l’imprenditorialità non è per i deboli di cuore, non è per tutti, e alcune persone preferiscono essere lavoratori autonomi, il che è fantastico.
AL: [30:31] Io volevo essere in grado di costruire qualcosa che offrisse lavoro ad altre persone disabili, che consentisse loro di poter vivere una vita di qualità, avere un impatto, essere indipendenti e fare qualcosa di ancora più grande. Si tratta quindi di allargare il tavolo e, nel mio caso, allontanarsi da esso in modo che altri possano sedersi al mio posto.

SB: [30:58] Hai proprio ragione. La visibilità assume molte forme diverse: che tu sia la prima persona affetta da nanismo a partecipare al Met Gala, la prima donna nera visibilmente disabile sul tappeto rosso degli Oscar o che tu sia in Messico durante il Generation Equality Forum con la partecipazione di Women Enabled per parlare delle sfide, ma anche delle opportunità, e pensare a come inserire l’inclusione della disabilità nel programma globale.

SB: [31:30] Maryangel, non so se sei stata coinvolta o hai avuto modo di partecipare al Generation Equality, ma so che si è svolto in Messico e mi chiedo se è stata un’occasione per porre le domande sull’occupazione, l’accesso alle risorse, legate a Internet e all’istruzione, e pensare alla disabilità attraverso la prospettiva della parità di genere?

MGR: [31:54] È un’ottima domanda perché non credo che abbia avuto l’impatto che avrebbe dovuto avere. Innanzitutto, non era accessibile a tutti… Come si può organizzare un Generation Equality Forum che non sia accessibile?

MGR: [32:07] E ciò che ne è risultato… Sì, è stata data maggiore visibilità ai problemi, ma non c’è stato l’impatto che avrei sperato sui nostri politici, sui nostri legislatori e sui nostri sistemi.

MGR: [32:22] Penso che sia andata così perché non siamo stati inclusi nella progettazione. Se avessimo potuto partecipare, non solo in quanto donne con disabilità o persone con disabilità, ma tutti i gruppi storicamente discriminati… con questa prospettiva davvero intersezionale, credo che sarebbe stato diverso in ogni aspetto. Il modo in cui abbiamo scaricato le informazioni è stato…

MGR: [32:48] I Generation Equality Forum hanno ispirato dibattiti estremamente interessanti. Sono potenti, incredibili ma, alla fine, ciò che desideriamo sono risultati visibili. Cosa stanno facendo i governi? Cosa stanno facendo le ONG che non stanno facendo i governi? È per questo motivo che sono stati creati.

MGR: [33:08] Possiamo organizzare mille forum, parlare di cose straordinarie e dare voce a persone in gamba, ma se le persone non li ascoltano, allora non c’è un impatto reale.

MGR: [33:22] Inoltre, se abbiamo a disposizione una piattaforma, qualsiasi tipo di piattaforma, potrebbe essere il profilo Instagram con 100 o 1000 follower, gli Oscar o potresti essere la migliore amica di Beyonce, giusto? Se abbiamo a disposizione una piattaforma, di qualsiasi tipo… questo podcast, ad esempio, è un privilegio.

MGR: [33:41] Il messaggio che dobbiamo far passare è che non esiste una piattaforma che sia piccola. Ogni tipo di piattaforma è importante, soprattutto quando non esiste un’unica storia che ci rappresenti tutti. Credo che questo sia il punto su cui creeremo l’impatto maggiore.
SB: [33:58] Ciò che dici è estremamente importante. Dopo il Forum Generation Equality ho avuto la fortuna di mettermi in paro con Women Enabled. Credo che ciò dimostri che anche laddove parliamo in modo più dettagliato di parità e giustizia, la disabilità non sia ancora inclusa nel dibattito.

SB: [34:19] Abbiamo tutti preso parte a situazioni dove abbiamo richiesto interpreti di lingua dei segni e qualcuno ha risposto che non c’erano sordi nella stanza. La mia argomentazione è che non ci saranno mai a causa del livello di estraneità a devono sottostare per chiedere un servizio che dovrebbe essere basilare e di diritto.

SB: [34:39] L’altro punto interessante di cui hai parlato è che non esiste una lotta attiva che sia piccola. Quando pensiamo alla lotta e al cambiamento, ancora una volta sono permeati di abilismo. All’inizio abbiamo parlato della protesta come forma di cambiamento. Per molte persone disabili, non è una forma di cambiamento accessibile.

SB: [35:03] Spesso parliamo di politica o attivismo da salotto, ma in realtà dovremmo celebrarlo e incoraggiarlo perché con l’esempio di Imani Barbarin abbiamo visto che si può decisamente cambiare il mondo con un hashtag. Guarda anche ad Alice Wong… Ci sono tantissime persone che hanno generato un cambiamento nelle nostre coscienze, ma anche nella nostra politica, da ciò che è iniziato come una piccola azione.

SB: [35:27] Quindi, tornando al tuo punto, possiamo tutti sognare grandi palcoscenici, ma i) nessuno di noi ha cominciato da lì e ii) ti dirò un segreto: non è quello il lavoro reale. È un momento gioioso e terrificante, ma non è il lavoro reale.

SB: [35:42] So che ci stiamo avvicinando alla fine del nostro dibattito e credo che abbiamo dato un bel quadro di riferimento sia per le grandi organizzazioni che stanno creando incontri geopolitici, sia per gli attivisti che stanno appena iniziando la loro lotta.

SB: [35:59] Vorrei sapere, com’è il successo nel lavoro e nella comunità, ma anche, per voi personalmente? Come lo misurerete, andando avanti?

AL: [36:10] È una domanda difficile. Quando ripenso a ciò di cui abbiamo parlato partendo dalla politica fino alle persone, per me è quello il successo. Si tratta del fare la differenza per un’unica persona, una persona disabile di colore, che ora ha un’opportunità che prima non aveva… perché il sistema non è stato affatto concepito per le persone disabili.

AL: [36:38] Non si tratta solo dei problemi che sono stati risolti per loro, non è si tratta di questo… Ora hanno la vita che hanno sempre sognato e sono potuti diventare protagonisti, non semplici destinatari di un servizio: sono realmente stati in grado di concretizzare i loro sogni e desideri.

AL: [37:01] Per me il successo sono questi eventi dal basso, quando parlo con una giovane persona disabile o con una persona di colore che è l’unica persona sul posto di lavoro con una disabilità… Hanno ottenuto i servizi, hanno lottato, o addirittura non hanno dovuto portare avanti una battaglia perché c’era già ciò di cui avevano bisogno.

AL: [37:26] Sono queste storie individuali che diventano collettive a dimostrare il successo e motivare il nostro lavoro.

MGR: [37:36] Sì, è una domanda difficile. Vorrei aggiungere che per me il successo è stato quando mi sono rivista in altre donne con disabilità e quando loro mi hanno detto di aver provato lo stesso, condividendo le medesime esperienze. Per me, il successo è il potere della comunità.

MGR: [37:54] E, allo stesso tempo, quando possiamo… vogliamo tutto perché, ancora una volta, è difficile per noi muoversi in un sistema che non è stato creato per noi. Ogni piccola conquista è importante. Ogni piccola vittoria è una grande vittoria.

MGR: [38:09] Se, ad esempio, un’azienda come Gucci sostiene attività come questa qui in Messico: donne con disabilità per la prima volta su una rivista, visibili. O se facciamo sì che le università incoraggino più persone con disabilità a studiare, partecipare al sistema educativo superando i confini del privilegio e facendo pressione, tutti, in piccolo e in grande… questo è il successo.

MGR: [38:45] A volte mi capita di continuare a fare le cose perché scelgo di farlo. Non significa che se hai una disabilità, devi essere un attivista; si può essere attivisti solo vivendo la propria vita, no? A volte non pensiamo che la nostra voce, la nostra piattaforma, le piccole cose che facciamo ogni giorno abbiano un impatto sulle altre persone. Per me è questo il successo.

MGR: [39:08] Il momento in cui le donne con disabilità non dovranno più tornare da persone che le feriscono fisicamente o sessualmente, o che abusano di loro, in Messico, non a causa dell’accessibilità… questa per me sarà la più grande delle vittorie, ma, fino a oggi, forse una sola donna…

MGR: [39:26] forse una sola donna che potremmo togliere definitivamente da quel contesto, forse una sola persona che può realmente ritenersi parte di una comunità… tutte queste piccole cose sono il successo. Quando lavoriamo a livello globale lavoriamo collettivamente, ma a volte mi aiuta soffermarmi sul fatto che stiamo parlando di individui e tutto questo è davvero potente e bello.

SB: [39:51] Grazie mille. Farò mie queste definizioni di successo e senza dubbio plasmeranno la mia idea. Di recente, nel mio lavoro ho cercato di costruire una nuova definizione di successo che sfidi l’approccio delle persone all’inclusione della disabilità, ma in particolare all’accessibilità, lontano dalla conformità.

SB: [40:11] Perché se da un lato è importante avere legislazione e politica, e molte aree geografiche non ne dispongono, dall’altro il ricorso alla legislazione e alla politica come bilancio di vita che le persone disabili vivono è estremamente limitante e ingiusto.

SB: [40:28] Quindi la mia definizione di successo è se possiamo arrivare a un nuovo status quo, dove non pensiamo alla conformità, ma alla creatività e a come consideriamo e costruiamo l’accessibilità. Ma innanzitutto dobbiamo sistemare l’istruzione, l’assistenza sanitaria, l’occupazione e possiamo farlo tutto in una volta sola.

SB: [40;46] Voglio ringraziarvi per aver partecipato a questo dibattito al Gucci Podcast. Quando abbiamo iniziato il nostro dibattito, ci è sembrato molto appropriato che si svolgesse in occasione della Giornata internazionale della donna.

SB: [40:58] Vorrei incoraggiare il nostro pubblico a impegnarsi in un’unica azione. Potrebbe essere un tweet. Potrebbe essere scoprire se la propria azienda offre un gruppo di risorse per i dipendenti sulla disabilità e l’accessibilità e unirsi a tale gruppo in qualità di alleati o in quanto persone disabili.

SB: [41:16] Potrebbe essere andare a parlare con un amico di inclusione relativamente alla disabilità o all’accessibilità, perché credo che se stai ascoltando questo podcast probabilmente sei già interessato, o sei solo un grande fan di Gucci. Lo capisco. Ma, per poter creare un cambiamento sistemico è richiesto l’impegno di tutti noi. La disabilità non riguarda me, Andrea e Maryangel, ma tutti noi.

SB: [41:42] Ti auguro quindi una felice Giornata internazionale della donna e buona fortuna in qualsiasi azione, grande o piccola, tu ti stia impegnando. Facci sapere come va. Segui Andrea e Maryangel mentre conquistano il mondo in modi molto equi, incentrati sulla giustizia e anticoloniali. Felice Giornata internazionale della donna, goditi il resto del Gucci Podcast. Grazie mille.

I: [42:13] Grazie per aver ascoltato il Gucci Podcast. Per ulteriori informazioni su CHIME FOR CHANGE consulta le note dell’episodio.

Chiusura musicale

Esplora gli altri argomenti
Post simili
previous slide
01 / 03
next slide